La cessione in blocco dei crediti costituisce una pratica diffusamente utilizzata dagli intermediari finanziari per disfarsi dei crediti inesigibili o di difficile incasso; in tal modo i crediti cd. “deteriorati” vengono trasferiti a soggetti terzi che si occuperanno del loro incasso. Con quest’operazione le banche riescono a maantenere in bilancio soltanto i crediti sani contabilizzando perdite, più o meno consistenti, pari alla differenza tra il credito originario e l’importo incassato dalla cessione che, solitamente, si aggira attorno ad una cifra pari al 20% del valore nominale del credito.

La cessione in blocco dei crediti è disciplinata dall’art.58 del Testo Unico Bancario che deroga parzialmente il regime tipizzato di cui agli artt.1260 e 1264 cod. civ. Il debitore ceduto, però, deve avere notizia dell’avvenuta cessione; tale incombenza viene soddisfatta – ai sensi dell’art.58 T.U.B. – mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, da parte della società cessionaria, della notizia dell’avvenuta cessione.

La cessione in blocco dei crediti nella giurisprudenza

Ove il debitore dovesse contestare la carenza di legittimazione attiva della società cessionaria del credito, incombe a quest’ultima l’onere di provare l’asserita titolarità del credito. Al riguardo la giurisprudenza è approdata ad un orientamento sempre più consolidatosi nel tempo, fino a divenire granitico, secondo cui: <<A fronte della contestazione di tale titolarità, in particolare sotto il profilo della carenza di prova in merito all’intervenuta cessione in blocco, l’opposta avrebbe dovuto infatti fornire la relativa prova tramite la produzione del relativo contratto (in sostituzione di questo non valgono né la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, dato che questa si riferisce unicamente ad una dichiarazione unilaterale della cessionaria, né la dichiarazione della cedente, posto che quest’ultima è in sostanza una dichiarazione testimoniale irrituale, in quanto non resa di fronte al giudice, valutativa, in quanto l’intervenuta cessione rappresenta non un fatto storico, ma un effetto giuridico che consegue al contratto, nonché inammissibile ex art. 2721 cc), ciò che non è avvenuto>> (così Tribunale di Lucca, sentenza nr.730 del 30 giugno 2023).

Le decisioni di merito

In senso conforme si registrano anche le seguenti decisioni: Tribunale di Brescia, ordinanza 11 luglio 2023, secondo cui “…. parte opposta non ha prodotto il testo integrale del contratto di cessione, corredato dei relativi allegati, sicché neppure da tale documento può trarsi un argomento di prova in ordine all’invocata cessione. Ne consegue che, allo stato, parte opposta non può ritenersi titolare del credito azionato, sicché l’istanza di sospensione dell’esecuzione deve essere accolta”;

Tribunale di Bologna, sentenza 17 luglio 2023, estensore dott.ssa Smurro, secondo cui “La prova principe per la banca relativa all’inclusione del credito tra quelli di cui alla cessione in blocco è sicuramente il contratto di cessione”;

Tribunale l’Aquila, ordinanza 8 agosto 2023, estensore dott.ssa Manzi :“(…) cessione della quale mancherebbe tuttavia la prova, essendosi limitata (…) S.p.a. al deposito dell’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, il quale non sarebbe sufficiente alla prova della titolarità del credito in capo alla cessionaria, avendo effetto solo ai fini della notificazione al debitore ceduto”.

La posizione della Cassazione nella cessione dei crediti in blocco

Per quanto concerne la giurisprudenza di legittimità si registra la decisione della Cassazione Civile, ordinanza nr.17944 del 22 giugno 2023 secondo cui “(…) la prova della no­tificazione della cessione da parte del cessionario al debitore ceduto, ai sensi dell’art. 1264 c.c., rileva al solo fine di esclu­dere l’efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente ed è del tutto estranea al perfezionamento della fattispecie traslativa del credito; quest’ultima, laddove sia oggetto di specifica contestazione da parte del debitore (e solo in tal caso), deve essere oggetto di autonoma prova, gravante sul creditore cessionario, anche se la sua dimostrazione può avvenire, di regola, senza vincoli di forma e, quindi, anche in base a presunzioni. Tali principi valgono anche in caso di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari a tanto autorizzati, ai sensi dell’art. 58 T.U.B.. In tale ipotesi (e solo per tali specifiche operazioni), la pubblicazione da parte della società cessionaria della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale, prevista dal secondo comma della suddetta disposizione, tiene luogo ed ha i medesimi effetti della notificazione della ces­sione ai sensi dell’art. 1264 c.c., onde non costituisce di per sé prova della cessione. Se l’esistenza di quest’ultima sia specificamente contestata dal debitore ceduto, la società cessionaria dovrà, quindi, fornirne adeguata dimostrazione e, in tal caso, la predetta pubblicazione potrà al più essere valutata, unita­mente ad altri elementi, quale indizio”.

Il potere di accertamento d’ufficio del Giudice

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, altresì, che in materia di cessione dei crediti in blocco ex art. 58 TUB, la questione dell’essere o no il credito compreso tra quelli ceduti è rilevabile d’ufficio dal giudice di merito nel condurre l’indagine sulla fondatezza della domanda proposta dalla cessionaria (così Cass. nr. 5857/2022 e Cass. nr. 39528/2021: la questione della titolarità sostanziale del diritto di credito oggetto di cessione è aperta al contraddittorio processuale, ed anche rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio; in senso conforme si veda anche Cass. nr. 20948/2013).

In buona sostanza, a prescindere dalle contestazioni mosse dal debitore, il Giudice detiene il potere-dovere di accertare l’elemento presupposto dalla società cessionaria per la riscossione dell’asserito diritto di credito: la titolarità dello stesso e la conseguente legittimazione ad agire di chi ricorre all’autorità giudiziaria tanto in sede di cognizione ordinaria quanto in sede esecutiva.

Il caso di Ciro

Invocandi i principi esposti siamo riusciti ad ottenere la revoca di un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Napoli in favore della società cessionaria per l’ammontare complessivo di € 17.600,15. La decisione del Giudice partenopeo si allinea, sia pure in con succinta motivazione, ai precedenti giurisprudenziali innanzi richiamati ponendo a carico della società opposta anche la condanna al pagamento delle spese di lite.

Di seguito riportiamo sia il decreto ingiuntivo opposto sia la sentenza emessa a definizione del giudizio di opposizione e non appellata dalla soccombente.

1. Il decreto ingiuntivo ricevuto da Ciro

2. La sentenza nr.11436 del 2023 del Tribunale di Napoli